Indirizzo: Asti, Corso Vittorio Alfieri 384
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Tratto da www.parcoletterario.it: Da Palazzo Alfieri verso Piazza Alfieri lungo Corso Alfieri con qualche deviazione
Sicuramente Palazzo Alfieri (punto 13 dell’itinerario da Est a Ovest lungo Corso Alfieri) è uno dei luoghi di maggiore importanza per ricostruire il rapporto fra l’autore astigiano e la sua terra in quanto qui Vittorio Alfieri nacque il 16 gennaio 1749. Figlio del Conte Antonio Amedeo Alfieri di Cortemilia trascorse i primi cinque anni della sua vita in questo edificio: nel 1754 infatti, seguì la madre, risposatasi, in una nuova dimora.
Nella città d’Asti in Piemonte, il dì 17 di gennaio dell’anno 1749, io nacqui di nobili, agiati, ed onesti parenti. E queste tra le loro qualità ho espressamente individuate, e a gran ventura mia le ascrivo per le seguenti ragioni. Il nascere della classe dei nobili, mi giovò appunto moltissimo per poter poi, senza la taccia d’invidioso e di vile, dispregiare la nobiltà per se sola, svelarne le ridicolezze, gli abusi, ed i vizi; ma nel tempo stesso mi giovò non poco la utile e sana influenza di essa, per non contaminare poi mai in nulla la nobiltà dell’arte ch’io professava. Il nascere agiato, mi fece libero e puro: né mi lasciò servire ad altri che al vero. L’onestà poi de’ parenti fece sì che non ho dovuto mai arrossire dell’esser io nobile. Onde, qualunque di queste tre cose fosse mancata ai miei natali, ne sarebbe di necessità venuto assai minoramento alle diverse mie opere: e sarei quindi stato per avventura o peggior filosofo, o peggior uomo, di quello che forse non sarò stato.
Vittorio Alfieri
da “Vita”
Nel Palazzo ha sede la Fondazione Centro Nazionale di Studi Alfieriani, istituita con un Regio Decreto il 5 Novembre 1937, costituita da Museo – Biblioteca e Archivio inscindibili, centro di conservazione e ricerca intorno alla vita e alle opere di Vittorio Alfieri.
Ovviamente nel giardino di Palazzo Alfieri si trova il possente platano.
Subito dopo, in Corso Alfieri (allora Via Maestra), si trovava il Museo di Sant’Anastasio, ora scomparso: nel 1907 la Chiesa di S.Anastasio e il Convento vennero abbattuti per far spazio all’attuale Liceo Classico “V.Alfieri”. Oggi rimane la sola Cripta di Sant’anastasio (punto 11 dell’itinerario da Est a Ovest lungo Corso Alfieri)
Quando Alfieri aveva circa sette anni: “Fu anche messa in monastero, ma in Asti stessa, mia sorella Giulia”. Giulia era nata, come lui, dal matrimonio della madre con Antonio Alfieri conte di Cortemilia, morto quando il piccolo Alfieri aveva solo un anno.
…la mia sorella carnale, Giulia, che era la sola di padre, e di porla nel Monastero di Santa Croce, cavandola da quello di Sant’Anastasio in Asti, dove era stata per più di sei anni sotto gli auspici di una nostra zia, vedova del marchese Trotti, che vi si era ritirata. La Giulietta cresceva in codesto monastero in Asti, ancor più ineducata di me.
Vittorio Alfieri
da “Vita”
All’età di circa cinque anni e mezzo, con la sorella Giulia, la mamma e il patrigno, cavalier Giacinto Alfieri di Magliano, Alfieri si trasferì in un edificio situato all’estremità ovest di Piazza Cagni. Vi rimase fino all’età di dieci anni, quando fu trasferito “all’Accademia di Torino, per trascorrervi otto anni d’ineducazione”, come egli definì quel periodo della propria adolescenza.
Oggi, al posto del palazzo, in un edificio eretto nel 1958, ha sede la Congregazione delle Suore Domenicane.
La mia sorella Giulia e io, seguitando il destino della madre, eravamo passati dalla casa paterna ad abitare con lei nella casa del patrigno, il quale pure ci fu più che padre per quel tempo che ci stemmo.
Vittorio Alfieri
da “Vita”
Una delle due chiese di Asti dove Vittorio Alfieri venne portato per punizione con la reticella in testa fu la Chiesa del Carmine (ora scomparsa): sorgeva in Piazza Cagni e fu edificata nel 1414 unitamente ad un vasto convento. Soppressa nel 1812 per far posto ad una Caserma militare, nel 1969 la caserma divenne sede dell’Istituto Magistrale “Monti”.
Di quanti castighi mi si potessero dare, quello che smisuratamente mi addolorava, ed a segno di farmi ammalare, e che perciò non mi fu dato che due volte sole, egli era di mandarmi alla messa colla reticella da notte in capo, assetto che nasconde quasi interamente i capelli. La prima volta ch’io ci fui condannato (né mi ricordo più del perché) venni dunque strascinato per mano dal maestro alla vicinissima Chiesa del Carmine: chiesa abbandonata, dove non si trovavano mai quaranta persone radunate nella sua vastità; tuttavia sì fattamente mi aflisse codesto castigo, che per più di tre mesi poi rimasi irreprensibile.
da “Vita”
Una tal quale consolazione di quella mia solitudine mi si era andata facendo sentire a poco a poco nell’assuefarmi ad andare ogni giorno alla chiesa del Carmine attigua alla nostra casa; e di sentirvi spesso della musica, e di vedervi ufficiare quei frati, (…) e non desiderava altro che di essere condotto mattina e giorno al Carmine.
da “Vita”
L’altra chiesa dove venne portato il giovane Vittorio Alfieri con la reticella che gli ricopriva i capelli, “inreticellato, piangente, ed urlante,(…) lungo le vie abitate” fu la Chiesa di San Martino (punto 12 dell’itinerario da Est a Ovest lungo Corso Alfieri): un castigo che il futuro scrittore di tragedie riteneva fra i peggiori che potessero capitargli. La Chiesa, “distante da casa, posta nel bel centro della città, e frequentatissima su l’ora del mezzo giorno da tutti gli oziosi del bel mondo”, fu demolita nel 1696 per essere completamente rinnovata forse su disegno del barnabita padre Mazzenta, milanese e consacrata nuovamente nel 1736.
Pure, essendo poi ricaduto al fine in qualche fallo insolito, per iscusa del quale mi occorse di articolare una solennissima bugia alla signora madre, mi fu di nuovo sentenziata la reticella, e di più, che in vece della deserta chiesa del Carmine, verrei condotto così a quella di S.Martino, distante da casa, posta nel bel centro della città, e frequentatissima su l’ora del mezzo giorno da tutti gli oziosi del bel mondo. Oimè, qual dolore fu il mio! Pregai, piansi, mi disperai, tutto invano. Quella notte, ch’io mi credei dover essere l’ultima della mia vita, non che chiudessi mai occhio, non mi ricordo mai poi di averne in nessun altro mio dolore passata una peggio. Venne alfin l’ora, inreticellato, piangente, ed urlante mi avviai stiracchiato dal maestro pel braccio e spinto innanzi dal servitore per di dietro, e in tal modo traversai due o tre strade, dove non c’era gente nessuna, ma tosto che si entrò nelle vie abitate, che si avvicinavano alla piazza e chiesa di S.Martino, io immediatamente cessai dal piangere e dal gridare, cessai dal farmi strascinare, e camminando anzi tacito, e di buon passo, e ben rasente al prete il gomito del talare maestro, al di cui fianco appena la mia statura giungeva . Arrivai nella piena chiesa, guidato per mano come orbo ch’io era, che in fatti chiusi gli occhi all’ingresso, non gli apersi più finchè non fui inginocchiato al mio luogo di udir la messa, né aprendoli poi, mi alzai mai a segno di potervi distinguere nessuno. E rifattomi orbo all’uscire, tornai a casa con la morte in cuore, credendomi disonorato per sempre.
Vittorio Alfieri
da “Vita”
Il conte Antonio Amedeo possedeva anche un mulino e una filanda di seta: ancora nell’aprile del 1778, Vittorio Alfieri nell’atto di donazione alla sorella Giulia, ricordava i “Molini esistenti nella presente Città”. Il padre di Alfieri, Amedeo Antonio, aveva inaugurato nel 1737 un piccolo teatro in contrada Maestra poco lontano da Palazzo Alfieri, che aveva ricavato da un trincotto (dal piemontese trincot, luogo dove si gioca alla palla corda): nel 1741 fu visitato dal Duca di Savoia, recatosi anche “nel Palazzo del Sig. conte Alfieri” e in vari monasteri della città, fra cui quello di Sant’Anna.
Tra le proprietà degli Alfieri, il caseggiato di maggiori proporzioni era, come si crede, il grosso edificio posto all’angolo di Corso Alfieri e via al teatro Alfieri, il quale tuttora ha l’aspetto di una casa-forte. Verso il XVI secolo esso divenne proprietà di un’altra illustre famiglia, quella degli Asinari. L’edificio, negli ultimi secoli, prese il nome di “Palazzo degli Spagnoli”, perché fu sede di truppe spagnole.
Il padre di Vittorio Alfieri, Antonio Amedeo, morì il 5 dicembre 1749 e fu sepolto in San Francesco, chiesa di stile gotico ultimata nel 1499, a tre navate, con ventidue altari e molti sepolcreti di nobili artigiani. Chiesa e convento dei Francescani furono soppressi nel 1801 per lasciar spazio all’Asilo Anfossi (Via Brofferio).
L’itinerario finisce in Piazza Alfieri sotto al Monumento a Vittorio Alfieri
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