Indirizzo: Castell'Alfero, frazione Callianetto
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Castell’Alfero 1804, maschera popolare
Gianduja (in piemontese Giandoja, IPA [ʤan’dʊja]) è una maschera popolare torinese di origini astigiane. Il suo nome deriva dalla locuzione Gioann dla doja ovvero Giovanni del boccale. La tradizione vuole inoltre che in provincia di Asti, per la precisione a Callianetto, una frazione di Castell’Alfero, vi sia la casa natale di Gianduja, denominata il ciabòt. Allegro e godereccio, incarna lo stereotipo piemontese del “galantuomo” coraggioso, assennato, incline al bene e fedele alla sua inseparabile compagna Giacometta (che lo affianca ancora oggi nelle feste di paese).
La simpatia, l’astuzia e l’ironia del personaggio lo fecero ben presto divenire famoso in tutto il Piemonte, sino a farlo divenire la più importante maschera della regione.
Dal suo nome deriva quello della cioccolata di tipo gianduia e del relativo cioccolatino gianduiotto con la quale è confezionato, entrambi specialità torinesi. I cioccolatini venivano distribuiti dalla maschera durante la festa del carnevale; probabilmente per lo stesso motivo il nome Gianduja è stato dato alle grosse caramelle a forma di cialda incartate in caratteristici involucri esagonali.
La maschera venne inventata ad Asti circa 300 anni fa dai burattinai Giambattista Sales e Gioacchino Bellone. Deve il suo nome ad una precauzione politica: fino al 1802, il suo nome era Gerolamo, ma con l’avvento al potere di Napoleone Bonaparte, per timore che si potessero scorgere allusioni al fratello dell’imperatore, il nome venne mutato. Dato che il personaggio aveva sempre con sé la doja (un boccale di terracotta per bere il vino), il nome venne mutato in Gioann dla doja, poi condensato in Gianduja.
A Torre Pellice nel marzo 1804 fu rappresentata la prima commedia conosciuta in cui Gianduja è presente, seppur non da protagonista: La malvagia cantatrice in Londra, ossia la superlativa malizia smascherata dalla perfidia (Testo dovuto alla compagnia girovaga di Sales e Bellone, il primo torinese e il secondo di Racconigi).
I due si stabilirono definitivamente a Torino, prima in un locale angusto prossimo alla centralissima piazza Castello e poi in una più ampia sala già aula magna dell’Università, il Teatro San Rocco, il cui ingresso corrispondeva all’abitazione torinese dei Conti di Castell’Alfero.
La marionetta nacque ufficialmente il 25 novembre 1808 con la commedia Gli anelli magici, ovverosia le 99 disgrazie di Gianduja, primo di numerosissimi titoli in cui comparirà il suo nome. Lo stesso Sales nel 1845 trasformò la marionetta in burattino nella commedia goldoniana Un curioso accidente.
Nella prima parte del ‘900, Gianduja guadagna una straordinaria e unica identità, esclusiva tra le maschere italiane: si immedesima con le vicende risorgimentali quale “rappresentante del nostro popolo” mentre i suoi ideali si rinforzano nelle messinscene giocate sulla ricostruzione degli eventi storici per i quali Gianduja è cantore, lettore appassionato, protagonista. Nasce la leggenda della sua origine, fissata dai primi copioni e da don Michele Gallo nel borgo di Callianetto. La sua personalità, già incarnazione del contadino rude, spiritoso, generosa, amante della buona tavola e del buon vino, simbolo di bonarietà e di accorto buon senso come di fermezza e di saldo realismo, recepisce i colori nazionali assumendo i toni del patriottismo moderato, fino a rendersi portavoce della dura protesta popolare in occasione del “tramud” del 1864, 1’osteggiatissimo trasferimento della capitale da Torino a Firenze.
Ecco che Gianduja non è più una maschera: diventa un carattere, un tipo, un modello politicamente emotivo, diventa genuina espressione del popolo piemontese e quest’ultimo vi si riconosce. Per tutto il secolo spopola in Torino e in Piemonte, valica le frontiere quale ambasciatore della nostra regione, recita il suo ruolo nei giornali satirici accanto a uomini di governo, cavalca le nuove tecnologie di stampa che permettono aumenti vertiginosi delle tirature dei periodici acquistando così larghissima diffusione e fama.
Ormai ha una popolarità tale che teatri, caffè, giornali e prodotti commerciali di ogni tipo si adornano del suo nome: dal 1860 gli viene intestato un almanacco; nel 1862 viene fondato il giornale “umoristico, politico, sociale Gianduia”; nel 1865 la società Caffarel elegge la nostra maschera a padrino del “gianduiotto”.
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