Indirizzo: Piemonte
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Donatien Alphonse François marchese di Sade in viaggio in Piemonte (“prigione e scrittura”) (tratto da: lafrusta.homestead.com, scritto da Sergio Corbello)
“Un jeune homme d’une taille moyenne, assez rempli, cheveaux blonds, portant épée, vêtu d’un frac gris, culotte en soie couleur souci, ayant une canne à pomme d’or”
La conoscenza della riportata, anodina, descrizione (che “ictu oculi” appalesa la propria origine in un verbale di polizia) avrebbe forse consentito – abiti a parte – agli incuriositi Astigiani di identificare il personaggio che il 26 luglio 1775, con la scorta di un servitore, si aggirava per le vie della Città, visitandone un po’ distrattamente i monumenti e – è ben fondata supposizione – con molta più attenzione i non pochi bordelli. Appreso il nome del forestiero, non avrebbero tuttavia tratto da tal conoscenza soverchi motivi di interesse: grazie ad essa, infatti, sarebbero in fondo soltanto stati edotti della circostanza che il biondo viaggiatore risultava essere un titolato d’Oltralpe, appartenente alla “categoria”, allora piuttosto affollata, dei marchesi e con qualche trascorso giudiziario. Ben maggiore è invece l’attenzione che il nome in questione suscita in noi contemporanei, giacché esso, lungi dal riferirsi ad un qualsiasi nobiluccio del ‘700, sia pure noto alla Giustizia, appartiene a colui che è passato alla Storia come il “Divin Marchese“.
Quella del luglio 1775 risulta essere l’unica occasione documentata in cui si possa con certezza affermare che Donatien-Alphonse-Francois Marquis de Sade abbia soggiornato ad Asti, ma non si può escludere – anzi appare probabile – che altre volte egli abbia avuto la ventura di transitarvi. Data infatti al 1772 il suo primo viaggio in Italia, viaggio certo di piacere, giacché compiuto in compagnia dell’innamoratissima cognata, Anne-Prospére de Lonnay, chanoinesse non proprio di clausura, che Egli presentava quale consorte legittima, prendendosi con lei – come ritiene di dover puntualizzare il Conte de la Tour – toutes les privautés dues à ce titre.
La decisione di partire alla volta dei lidi italici era stata piuttosto affrettata, in quanto il Marchese, di passaggio a Marsiglia, insieme al domestico-complice Latour, era stato coinvolto, il 27 giugno, nel cosidetto affaire des quatre filles marseillaises e su tale orgia – ché di questo si tratta – la magistratura del luogo aveva ben presto aperto un’inchiesta. (La descrizione di de Sade che inizia il presente scritto è appunto tratta dai verbali della Procédure de l’affaire de Marseille, pubblicati da M.Heine). Il Nostro aveva pertanto stimato estremamente opportuno (“nihil sub sole novi”) di porre fra sé e gli inquirenti una frontiera e, mentre al termine del procedimento giudiziario su di lui si eseguiva condanna in effige su una piazza di Aix, Egli, con la disinvolta canonichessa, gaiamente visitava il Bel Paese, toccando, tra le altre città, certamente Genova e Venezia.
Il primo soggiorno italiano si concluse però traumaticamente, con l’arresto, l’8 dicembre 1772, a Chambéry, per ordine del Re di Sardegna. I tre anni seguenti videro de Sade impegnato in non poche rocambolesche vicende, tra cui una fuga dalla fortezza di Miolans (10 maggio 1773) ed una serie ininterrotta di scandali di natura erotica. Dopo l’ultimo di questi, noto come l’affaire des petites filles, il 26 giugno 1775 fuggì nuovamente alla volta dell’Italia, dove rimase per circa un anno. Questo lungo soggiorno ebbe interessanti sviluppi letterari, giacchè Egli ne lasciò ampie notizie in un manoscritto, pubblicato per la prima volta ad opera di G. Lely e G. Daumas, col titolo Voyage d’Italie, ou dissertations critiques, historiques politiques et philosophiques sur le villes de Florence, Rome et Naples 1775-1776. Dalla protratta esperienza italiana si giovò inoltre abbondantemente per la redazione del romanzo L’histoire de Juliette ou les prospérités du vice, opera che, insieme a Justine ou les malheurs de la vertu, fa causa del suo definitivo arresto del 6 marzo 1801, quale autore di scritti scandalosi. Dalla lettura del diario di viaggio si apprende che la sua prima importante tappa italiana fu Torino, che toccò il 25 luglio, di buon’ora, ed ove si trattenne una sola giornata. Forse per la brevità del soggiorno le sue osservazioni sulla Città risultano piuttosto scontate e generiche. La capitale piemontese gli parve ville (…) d’une belle construction e segnalò in particolare che les églises y sont superbes, les rues belles, presque toutes alignées, et les maison bàties au méme niveau. Giudicò Palazzo Reale assez vaste et commode mais de peu d’apparence. Gli piacquero altresì i giardini reali, mentre fu sfavorevolmente colpito da Palazzo Carignano, giacché, sebbene sembri vasto, il est en brique et n’a rien ni de magnifique ni d’agréable. Quanto ai costumi della città gli parvero improntati à la plus grande sévérité. (Che la Torino del ‘700 non dovesse essere molto allegra non è considerazione da imputarsi allo spirito libertino del Nostro: una cinquantina d’anni prima anche l’austero Montesquieu non aveva lesinato acide osservazioni sul tenore di vita della nobiltà sabauda). De Sade non manca di fornire informazioni di carattere turistico circa l’Hòtel d’Angleterre (sito – come apprendiamo dalla Guida del Derossi nel 1781 – avanti la Chiesa di Santa Teresa, cantone San Eusebio), definito miglior albergo di Torino, giacché, sebbene tumultueuse comme toutes les grandes auberges (…) on y est et bien logè et bien servi. Ancor più avara di notizie sulla città risulta la descrizione del soggiorno torinese di Juliette (Protagonista del Romanzo citato sopra). La ragazza, giunta nella Capitale piemontese, assume il ben determinato proposito di utilmente impiegare il soggiorno italiano per trarre concreto vantaggio economico da tutte le sue beltà: nel far ciò, tuttavia, non tralascerà mai alcuna occasione per mescolare alle più ardite acrobazie fisiche quelle, non meno ardite, dell’intelletto. (Quanto alle prime, vale, per “incidens”, osservare come, considerato l’attributo fisico che massimamente valorizza – indulgendo, a suo dire, ad un preciso “gusto” italico – ella sia senz’altro apparentabile a talune celebri “eroine” moraviane, dalle predizioni un po’ particolari). Si può, in questa sede, tralasciare di richiamare in dettaglio le sue iperboliche – ma gustosissime – avventure torinesi a sfondo porno-filosofico-politico-truffaldino (Juliette in fondo rappresenta una curiosa sintesi degli umori del secolo), la cui meccanica, così assurda e paradossale, mi induce a consentire con il giudizio, a tutta prima stravagante, di Arbasino, il quale reputa il Divin Marchese scrittore comico piuttosto che erotico: mi pare però interessante rammentare come la nostra eroina non manchi di esprimere una valutazione alquanto severa circa la Città ed i suoi abitanti. E siffatta valutazione direi sia assumibile quale più autentica opinione del de Sade su Torino, giacché è intuitivo come, esprimendosi per bocca di un personaggio di romanzo, abbia avuto modo di esternare con ben maggiore libertà il proprio più intimo pensiero, che non scrivendo in prima persona. Il n’y a point, dans toute l’Italie, de ville plus régulière et plus ennuyeuse que Turin: le courtisan y est fastidieux, le citadin fort triste, le peuple dévot et superstitieux.
Il viaggio del Marchese, accompagnato dall’ambiguo servitore Carteron, detto La Jeunesse, riprese nel tardo pomeriggio dello stesso 25 luglio, con destinazione Asti. I due, però, poco pratici della topografia locale, superarono senza avvedersene la nostra città e dovettero pernottare in un luogo, a tre leghe dalla stessa, sul quale, date le vaghissime indicazioni fornite, non sembra utile tentare di avanzare una qualche ipotesi di indentificazione: Cette poste est située dans une campagne des plus agréables et serait prise pour un fort joli chateau partout. L’intérieur ne repond pourtant pas à l’extérieur et la chère surtout y est détestable. Il 26, finalmente, de Sade pervenne ad Asti: la Città certo non lo entusiasmò: Cette ville, prodigieusement déchue de son ancienne splendeur, n’est presque plus rien aujourd’hui. (La frase si rinviene identica in Juliette, quale unico commento al passaggio nella città). Nota le mura antiche, di cui segnala lo stato di abbandono. Rimarca la circostanza che, al momento del suo soggiorno, non fosse acquartierata in loco neppure una guarnigione militare. È felicemente colpito da taluni edifici religiosi, ma si dimostra diarista tutt’altro che puntuale al momento di descriverli. Così si esprime: On voit deux belles églises dans cette ville, entre autres celle des Religieuses, peinte et ornée avec tant de goùt qu’on la prendrait plutòt pour une décoration d’opéra que pour un temple de la divinité. A margine della locuzione celle des Religieuses esiste, nel manoscritto originale, la sibillina annotazione son nom. Considerata la circostanza che anche in altri luoghi della narrazione ci si imbatte nell’annotazione predetta, avanzerei l’opinione che essa debba considerarsi una sorta di promemoria dell’autore, in vista di una redazione definitiva del diario: non rammentando, all’atto della prima stesura, l’esatta denominazione di taluni edifici, prese nota della necessità di approfondire successivamente la questione, onde rinvenirla. Non essendosi tuttavia mai più dedicato alla progettata opera di revisione, le indicazioni fornite permasero nella primitiva, vaga, stesura. Nel caso all’esame, ritengo che dalla specificazione des Religieuses si possa desumere che la Chiesa accedesse ad un convento di monache. Tale caratteristica si attaglia a più edifici religiosi all’epoca esistenti: come risulta però dai precisi riscontri lasciati dall’abate Incisa, in nessuno di essi si rinvengono in modo determinante le peculiarità indicate dal Marchese. (1) Non resta dunque che prendere atto di quanto egli scrive, senza fargli eccessivo carico delle lacunosità ed imprecisioni (e, in taluni casi, erroneità) delle notizie tramandate: non va infatti disatteso come il Nostro, per sua natura, fosse viaggiatore indubbiamente più attratto da nuovi “contatti umani” che dalla scoperta delle bellezze monumentali, ed in fondo sia molto più a proprio agio allorquando costruisce, con sfrenata fantasia, il viaggio libertino di Juliette di quando fornisce, misurandosi con la realtà, resoconto del proprio. Alla sera del 26 ritroviamo de Sade già ad Alessandria, dite de la paille, dove prende alloggio all’Hotel d’Angleterre, il migliore della città, ricordato da molti viaggiatori del sette e dell’ottocento (Les appartements sont beaux et bons, la chère assez délicate pour le pays, la maison de belle apparence, mais les prix excessifs).
Anche il soggiorno alessandrino è fugace (riparte nel pomeriggio del 27), tuttavia ne fornisce abbastanza ampio resoconto. Con occhio esperto di ex soldato della guerra dei sette anni nota la pochezza difensiva delle mura cittadine, ma apprezza nel giusto valore la saldezza della Cittadella (la citadelle, séparée de la ville par le Tanaro que l’on passe sur un assez beau pont, est très forte). Da uomo di mondo sottolinea la relativa eleganza della città (Elle me parut bien habitée et je comptai plus de quarante équipages à la promenade) e non manca di ironizzare sugli atteggiamenti galanti – certo non propriamente parigini – dell’ufficialità sabauda. Ricorda infatti come, dopo la passeggiata in carrozza, vi sia l’uso de venir se faire voir sur la place d’armes. Les carrosses s’y rangent, les officiers montent aux portières, et là toute la galanterie piémontaise se déploie. Quanto ai monumenti cittadini fornisce notizie della cattedrale, del municipio e di un terzo palazzo. Anche in tale circostanza il Nostro non manca di essere confuso. Senza soluzione di continuità rispetto al passo da ultimo citato, così si esprime: “Cette place est longue mais mal batie. On y construisait, lorsque j’y passai, un assez bel édifice mais qui seul ne l’embellira pas. La cathédrale, batiment gothique et sans ornement extérieur, prend à elle seule presque un des longs còtes, et masque un assez bel hòtel de ville, situé sur un espèce de prolongation, au retour de cette place. Dans la construction de cet hòtel de ville, on est étonné de voir le premier ordre de colonnes infiniment inférieur au second. Ce défaut choque infiniment, surtout dans un bàtiment moderne qui, sans cela, aurait quelque beauté “. Il richiamo alla cattedrale risulta appropriato: Egli si riferisce al vecchio duomo alessandrino, dall’austera facciata dipinta a strisce orizzontali rosse e bianche, sito sul sedime dell’attuale Piazza della Libertà, le cui fondamenta risultavano pressoché coeve alla data di fondazione della Città. Il duomo, con il celebre campanile quadrato (su cui era collocato l’orologio a tre quadranti, attualmente incastonato nella facciata del municipio), venne abbattuto una trentina d’anni dopo la visita ad Alessandria di de Sade, nel 1803, per ordine del governo napoleonico. Per quanto attiene all’edificio in costruzione esso, a dispetto della sua indicata collocazione presso la Piazza d’armi, può risultare unicamente l’attuale palazzo del comune (su tale identificazione concordano anche i già menzionati curatori dell’edizione a stampa del manoscritto), la cui parziale ricostruzione era stata appunto affidata, nel 1774, all’architetto Caselli, e per la quale, nel 1775, fervevano i lavori. (La fabbrica subirà – come noto – ancora rimaneggiamenti nei secoli successivi). Resta infine da individuare l’edificio che, “mascherato” dalla cattedrale, il Divin Marchese denomina Hòtel de Ville. In relazione a quanto si è appena detto, considerata l’indicata collocazione del palazzo, la descrizione fornitane e la sua riconosciuta modernità, non credo possano sussistere dubbi sul fatto che esso debba essere individuato nell’alfieriano Palazzo Ghidini. A conforto di de Sade si può comunque rammentare che le riserve estetiche da lui avanzate sulla facciata dell’edificio trovano conforto anche nel pensiero del Mallé (Le arti figurative in Piemonte, Vol. II, p. 95), il quale imputa all’Alfieri la sua eccessiva rigidità e la circostanza di aver ritrovato per essa “persino qualche intellettualismo guariniano ed un timbro di più compassata etichetta”. Come già si è detto ancora il giorno 27 il Nostro lascia Alessandria: per lui, come per Juliette, l’avventura italiana non è che all’inizio.
(1)- Potrebbe trattarsi della Chiesa facente parte del convento di S. Anna.Il campanile barocco della chiesa è la prima opera architettonica di Benedetto Alfieri. (Cfr. S. Taricco, Benedetto Alfieri, in ” Il Platano “, a. I, n. 1, gennaio-febbraio 1976, pag. 5 e seg).
Nota bibliografica
Per una globale conoscenza della produzione e delle vicende umane del Marchese de Sade rinvio alle rigorosissime Oeuvres Complètes du Marquis de Sade, Edition définitive, Paris, MDCCCCLXVI. In esse L’histoire de Juliette, ou la prosperité du vice è collocata nel tomo VIII, mentre Voyage d’Italie, ou Dissertations critiques, historiques, politiques et philosophiques sur les villes de Florence, Rome et Naples 1715-1776 neI XVI. L’edizione, di limitata tiratura, è raramente reperibile nelle biblioteche italiane.
La completa documentazione relativa alla ” Procedura di Marsiglia ” è contenuta in M. Heine, Le Marquis de Sade, Texte établi et préfacé per G. Lely, Paris MDCCCCLX.
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