Indirizzo: Langhe e Monferrato
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Voto:
Il Moscato d’Asti, non subendo la presa di spuma non è uno spumente; è caratterizzato talvolta da una lieve frizzantezza naturale (si dice che è “vivace”) oppure è tranquillo. Il disciplinare prevede entrambe le possibilità. [Asti spumante e Moscato d’Asti, pur facendo parte della medesima DOCG ed essendo ambedue espressioni di Moscato bianco, sono due vini diversi: il primo è uno spumante, il secondo no] La prima delimitazione della zona di produzione dell’Asti risale al 1932. Erano compresi 45 comuni : Acqui Terme, Alice Bel Colle, Asti, Bistagno, Bubbio, Calamandrana, Calosso, Camo, Canelli, Cassinasco, Cassine, Castagnole delle Lanze, Castel Boglione, Castel Rocchero, Castelletto Molina, Castelnuovo Belbo, Castiglione Tinella, Cessole, Coazzolo, Cossano Belbo, Costigliole d’Asti, Fontanile, Grognardo, Incisa Scapaccino, Loazzolo, Mango, Maranzana, Moasca, Mombaruzzo, Monastero Bormida, Montabone, Neive, Neviglie, Nizza Monferrato, Quaranti, Ricaldone, Rocchetta Belbo, San Marzano Oliveto, Santo Stefano Belbo, Sessame, Strevi, Terzo, Treiso, Trezzo Tinella, Vesime, Visone.
A questi si sono aggiunti Rocchetta Palafea, Alba, Santa Vittoria d’Alba, Serralunga d’Alba (nel 1967) e Castino, Perletto, San Giorgio Scarampi (nel 1976).
Il moscato è un vino da bersi giovane, possibilmente nel giro di un anno, un anno e mezzo al massimo.
Vitigno: Moscato Bianco esclusivamente
Il Moscato bianco è un vitigno antico, proveniente dal bacino orientale del Mediterraneo. Dagli ultimi approfondimenti scientifici pare infatti che il moscato sia stato proprio la prima uva ad essere coltivata, la progenitrice di tutta la viticoltura, dalla quale sono via via derivate tutte le infinite varietà oggi conosciute. La diffusione di queste uve è dovuta dal particolare gusto dolce che si otteneva facendole appassire. A partire dal Trecento, il vino dolce aromatico divenne molto ricercato, e grazie principalmente ai commerci che Venezia aveva nel Mediterraneo orientale si diffuse nella penisola italiana con il nome di “vino greco”. Nel 1511, l’uva è citata come “Muscatellum” negli statuti di La Morra, e nel 1597, sono richieste talee di Moscato alla comunità di Santo Stefano Belbo da parte del duca di Mantova. Giovan Battista Croce, milanese, si trasferì in Piemonte alla fine del XV secolo, gioielliere del Duca di Savoia Carlo Emanuele I, può essere considerato, secondo Renato Ratti, il fondatore della branca enologica piemontese che ha dato origine ai vini dolci, aromatici e poco alcolici tra i quali primeggia il Moscato d’Asti. Proprietario di un vigneto tra Montevecchio e Candia, il Croce produsse alcuni vini ottenuti da sperimentazioni da lui stesso eseguite e pubblicate in un libro dal titolo ” Della eccellenza e diversità dei vini che sulla montagna di Torino si fanno e del modo di farli”. In questo manuale Giovan Battista Croce trattò di alcune tecniche ancora attuali al giorno d’oggi dalla spremitura, alla purificazione, che consiste di asportare tutte le sostanze impure dal vino ( sostanze pectiche e mucillaginose ), fino all’uso del freddo per bloccare la fermentazione. La divulgazione di queste notizie, permise lo sviluppo del “vino bianco” in tutto il Piemonte e l’affermazione di questo sui mercati mondiali.
Quest’uva, gialla dorata a maturazione, ogni anno attorno al 15 settembre viene pigiata come si faceva nel seicento. Si usano cioè pigiatrici a rulli per una spremitura soffice, e subito vengono separate le parti solide, bucce e graspi, con torchi a delicata pressione, ad aria o ad acqua, sempre per rispettare l’integrità dell’uva.
Il succo ottenuto viene quindi trasferito in recipienti di acciaio inox, dove viene mantenuto al freddo, alla temperatura di zero gradi centigradi, per impedire la fermentazione.
Caratteristiche organolettiche:
colore: paglierino giallo più o meno intenso;
odore: caratteristico e fragrante di Moscato;
sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace;
Inimitabile aroma muschiato dell’uva di origine (il Moscato Bianco), delicato ed intenso, ricorda il glicine ed il tiglio, la pesca e l’albicocca con sentori di salvia, limoni e fiori d’arancio. Il caratteristico aroma del moscato d’Asti nasce dall’unione di composti terpenici a bassa soglia olfattiva contenuti nell’uva moscato con i composti volatili che si formano durante la fermentazione della stessa. Fondamentale è quindi la carica aromatica dell’uva, in quanto, più essa è elevata, tanto più intenso sarà l’aroma del prodotto finito. L’elevata acidità, la temperatura elevata e l’esposizione alla luce sono infatti i fattori che rendono più veloci le normali trasformazioni della struttura chimica dei terpeni nel tempo.
Abbinamenti consigliati
Dolci in genere. Ultimamente si consiglia anche con formaggi e salumi o generiche pietanze salate. Si abbina facilmente con i cibi speziati o piccanti, tipico abbinamento soprattutto negli Stati Uniti è il Moscato d’Asti con la cucina etnica soprattutto indiana Accoppiamento perfetto per tutte le torte e la pasticceria fresca o secca. Nella zona di produzione è classico l’accoppiamento con il pane e salame, con fichi, con il melone.
I bicchieri dovrebbero preferibilmente essere scelti tra quelli di cristallo liscio e non lavorato, esclusivamente a calice.
Il Moscato d’Asti, non essendo uno spumante, predilige calici meno allungati e più ampi alla base.
Il Moscato d’Asti va degustato alla temperatura di circa 9 – 10 gradi centigradi.
E’è comunque importante, oltre al servizio, la conservazione: preferibilmente in fresche cantine interrate o in ambienti con temperature costanti e piuttosto basse.
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