Indirizzo: Roccaverano
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La sua sapiente lavorazione prevede l’impiego in prevalenza di latte caprino o misto latte ovino e vaccino e una stagionatura dai 5 ai 20 giorni.
Si consuma quindi quasi fresca, a volte sott’olio o come ingrediente di tipici condimenti e il suo tipico sapore lievemente piccante è una vera delizia per i gourmet.
Cambia con le stagioni a seconda delle erbe dei pascoli (soprattutto timo e serpillo). E’ considerato da tutti gli esperti il miglior formaggio caprino italiano ed infatti è l’unico DOP. L’alimentazione base delle vacche, capre e pecore deve essere costituita da foraggi verdi o conservati. L’attuale disciplinare prevede il divieto di utilizzare mangimi OGM.
Il Disciplinare segue ancora il procedimento semplice e naturale tramandato dall’antichità e consente di produrla solo in alcuni comuni dell’Alta Langa (Bubbio, Cessole, Loazzolo, Mombaldone, Monastero Bormida, Olmo Gentile, Roccaverano, San Giorgio Scarampi, Serole e Vesime nella Provincia di Asti; Castelletto d’Erro, Denice, Malvicino, Merana, Montechiaro d’Acqui, Pareto, Ponti, Spigno Monferrato e Cartosio nella Provincia di Alessandria).
La Robiola di Roccaverano ha origini molto antiche; testimonianze lo fanno risalire al periodo celtico-ligure, in seguito raccontato da Plinio e Pantaleone, che ne apprezzarono le qualità e ne illustrarono il ciclo produttivo. Il suo nome richiama sia il latino “robium”, con riferimento al colore rossiccio della parte esterna della pasta, sia il nome del paese di Roccaverano nell’astigiano da dove si è originato il prodotto.
Il Re Vittorio Emanuele II di Savoia amava cacciare in queste regioni meridionali delle Langhe ma soprattutto amava fare sosta presso le fattorie per mangiare con i contadini.
Il Presidio Slow Food tutela alcuni piccoli produttori e valorizza la robiola di Roccaverano classica, ovvero quella prodotta esclusivamente con latte crudo di capra. La tecnica di produzione tradizionale varia, da produttore a produttore, per scarti minimali. Eppure le differenze fra una robiola e l’altra sono rilevanti: i fiori, le erbe e la flora batterica dei pascoli si trasferiscono nel formaggio al punto che, come per i vini, è possibile definire una vera e propria mappa di cru.
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