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Una tradizione popolare di Langhe, Monferrato e Roero raccontata dalla nostra viaggiatrice preferita Manuela Vullo.
Il calendario rituale contadino, profondamente legato ai ritmi delle stagioni, aveva un importante appuntamento estivo: il solstizio d’estate, il 21 giugno, ritualità di origine arcaica che la cultura cristiana ha poi fatto coincidere con la festa di San Giovanni Battista, il 24 giugno. I riti legati al solstizio d’estate hanno un’origine pagana antichissima: nella notte del solstizio d’estate il sole (fuoco) che si ferma nel suo punto più alto si sposa con la luna (acqua): da qui il rituale del falò, diffuso in tutta Europa e presente anche nella cultura contadina delle colline delle Langhe e del Roero. Da questa tradizione molto suggestiva, che Cesare Pavese aveva potuto osservare da bambino durante le sue estati a Santo Stefano Belbo, nasce il titolo del romanzo di Cesare Pavese, “La Luna e i falò”.
Era infatti credenza comune che il potere della luna (acqua) insieme alle capacità magiche dei falò (fuoco) accesi nella notte di San Giovanni avessero la facoltà di risvegliare le campagne. I falò sono un omaggio al sole, al procedere inarrestabile della natura che si cerca di rendere benevola attraverso l’accensione dei falò, che rappresentano un rito propiziatorio per la stagione del raccolto. Un fuoco che purifica i campi, che propizia il raccolto.
La notte di San Giovanni, una notte che secondo le credenze popolari era legata alle attività delle streghe (e in cui si raccoglievano molte erbe spontanee, come l’iperico, per beneficiare al massimo delle loro proprietà curative) le colline erano costellate dai bagliori dei falò. In molti falò si costruiva un fantoccio di stracci e fascine, che simboleggiava una sorta di demone da sconfiggere con il fuoco. In questo miscuglio di superstizioni popolari e religione, era forte la suggestione di un fuoco che brucia e rischiara la notte, il fuoco che scalda i cuori e fa sentire unita la comunità.
“La luna e i falò” è un romanzo ricco di riferimenti al ciclo delle stagioni, con la luna che scandisce i temi del lavoro agricolo.
Spiega Nuto, cap. IX: “La luna, […] bisogna crederci per forza. […] Prova a tagliare a luna piena un pino, te lo mangiano i vermi. Una tina la devi lavare quando la luna è giovane. Perfino gli innesti, se non si fanno ai primi giorni della luna, non attaccano.”
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